Nei tempi antichi l’Elefante non aveva proboscide, ma un naso grosso come una scarpa, poco mobile e niente affatto prensile. Ma vi fu un Elefante nuovo - un piccolo d’Elefante - che, pieno d’insaziabile curiosità, faceva continuamente un mondo di domande. E viveva in Africa, e riempiva tutta l’Africa della sua insaziabile curiosità. Domandava a suo zio lo Struzzo, perché le penne della coda gli spuntassero così, e zio Struzzo lo batteva con la zampa dura dura; domandava a sua zia la Giraffa perché avesse la pelle macchiettata, e zia Giraffa lo batteva con lo zoccolo duro duro.
E ancora era pieno d’insaziabile curiosità. Domandava a suo zio l’Ippopotamo, perché avesse gli occhi rossi a quel modo, e zio Ippopotamo lo batteva con lo zoccolo grosso grosso; e domandava a sua zia la Bertuccia perché i meloni erano così dolci, e zia Bertuccia lo batteva con la zampa pelosa pelosa.
E ancora era pieno d’insaziabile curiosità.
Faceva domande su tutto quello che vedeva, udiva, sentiva, odorava, o toccava, e tutti gli zii e tutte le zie lo battevano.
E ancora era pieno d’insaziabile curiosità.
Una bella mattina, nel mezzo della precessione degli equinozi, quell’insaziabile piccolo d’Elefante se ne uscì di punto in bianco con una domanda di nuovo genere:
– Che cosa mangia il Coccodrillo?
– Ssst!... – fecero tutti, imponendogli silenzio; e gliene diedero tante e poi tante, che non finivano più.
E quando furono finite, egli se n’andò dall’uccello Colocolo, che se ne stava in mezzo a un cespuglio d’Aspetta-un-Pezzo, e gli fece:
– Mio padre mi ha battuto, e mia madre mi ha battuto; tutti i miei zii e tutte le mie zie mi hanno battuto per la mia insaziabile curiosità; ma pure io voglio sapere che cosa mangia il Coccodrillo.
L’uccello Colocolo gli disse con un grido lamentoso:
– Va sulle rive del fiume Limpopo, fiancheggiato dagli alberi della febbre, e lo saprai.
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