Un tempo a Bagdad viveva un famoso mercante di nome Abu Kasem.
Era la più perfetta caricatura di avaro, di meschino, di spilorcio che si possa immaginare. Era ricchissimo, ma non voleva che si sapesse. Ci sono individui così,
che fanno volentieri i miserabili davanti alla loro credenza piena di vasellame d'oro.
Abu Kasem era uno di questi. Ma ciò che lo distingueva dai tipi della sua specie e che aveva fatto di lui il più pittoresco di tutti gli spilorci di Bagdad, erano le sue babbucce. Erano tanto sudicie, informi, rattoppate mille volte, schifose che anche il mendicante più cencioso dell’Arabia si sarebbe vergognato di morire con simili calzature ai piedi.
Un giorno, al bazar di Bagdad, Abu Kasem fece un colpo maestro; comprò da un negoziante in fallimento, per un tozzo di pane, mille boccette di cristallo e un’otre di essenza di rose. Contava di rivendere al dettaglio i preziosi flaconi di essenza di rose a un prezzo dieci volte superiore ai loro costo.
A Bagdad, allora, qualunque onesto mercante, per festeggiare un buon affare come questo, avrebbe offerto un piccolo banchetto ai suoi parenti e amici.
Abu Kasem, invece, non pensò un istante a una simile follia, ma decise comunque di celebrare l'avvenimento,
« Al diavolo l’avarizia, pensò, farò un bagno». Maestoso come un re degli straccioni, entrò dunque nel più bel bagno pubblico di Bagdad, dove non aveva mai messo piede.Nell’atrio, dove si lasciano scarpe e vestiti, incontrò un amico. Abu Kasem si stava togliendo le babbucce e si vedeva chiaramente quanto fossero rattoppate.
L’amico gli parlò con tutta serietà: un commerciante così fortunato avrebbe dovuto permettersi un paio di scarpe nuove. A lungo e in silenzio Abu Kasem contemplò quelle orrende calzature che amava profondamente e infine disse:
- «Ci sto pensando già da qualche tempo,
ma non sono ancora così consumate da gettarle via».
I due finirono di spogliarsi ed entrarono nella sala da bagno.
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