Ricordiamo per non dimenticare, perché chi non ha memoria non può avere futuro ed è condannato a ripetere gli errori commessi da altri prima di lui.
A questa vicenda tragica della nostra città, si lega anche un piccolo pezzo di storia scritta dalla nostra categoria, quella di Michele Bolgia ferroviere Guardasala, di simpatie socialiste, che dopo l’8 settembre del ’43, volle e seppe unirsi con alcuni militari della Guardia di Finanza incaricati di contrastare il contrabbando nella stazione Tiburtina, per cercare di liberare e far fuggire centinaia di uomini e donne, che ammassati nei carri bestiame, sostavano al binario 27 prima di proseguire il loro viaggio di morte verso i campi di sterminio nazisti.

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A quelli che scambiano un pallone con il mondo (forse a causa della sua forma sferica), a quelli che credono di sapere tutto e non sanno niente e niente vogliono sapere, a quelli che vivono lo sport come il surrogato di una guerra con nemici da annientare. L'ignobile atto compiuto da un gruppo di tifosi laziali (temiamo non esiguo) di irridere i sostenitori dell'altra squadra della città, vestendo con i colori sociali della Roma la bambina ebrea Anna Frank assassinata in un campo di concentramento nazista, non può e non deve essere considerato una "ragazzata", non può lasciarci indifferenti, non può essere liquidato come l'atto isolato di una tifoseria contro le altre (ogni squadra ha la sua quota di tifo ignobile e vigliacco), ma deve interrogarci sul come è possibile che sia accaduto, su quali siano le risposte da dare. Non si può e non si deve restare indifferenti perché è l'indifferenza che lascia il passo a questi "mostri", lasciando presagire tempi più difficili. Perciò rispondiamo come sappiamo, con la forza della ragione, della cultura, della pacatezza democratica, ma intransigente e severa.
Pubblichiamo uno stralcio dal "Diario di Anna Frank".

Il 7 ottobre scorso è morto Sergio Taborri, capo-deposito titolare, fino al dicembre del 1988, dell’impianto di Roma S. Lorenzo. Un uomo conosciuto da un ampio numero di ferrovieri, non soltanto per le sue capacità professionali (fu lui, ad esempio, a collaudare i primi prototipi della loc.va E 444, la Tartaruga), ma per la sua profonda umanità e disponibilità riconosciuta da tanti amici e colleghi, dirigenti compresi.
Assunto nel lontano 1948, appartenente ad una larga famiglia di ferrovieri (suo padre era stato uno dei tanti macchinisti a vapore licenziati per le sue simpatie antifasciste), aveva vissuto gli anni della ricostruzione delle ferrovie, del boom economico e della modernizzazione del paese con grande dedizione e passione per il suo lavoro: diritti e doveri erano da lui vissuti come un binomio inscindibile.
Coloro che lo hanno incrociato, giovani e meno giovani, ne ricordano senz’altro anche la sua passione sportiva (i tornei di calcio del DLF) e il suo amore per la poesia romanesca (le poesie di Gioacchino Belli) che amava recitare a memoria nelle tante situazioni conviviali nelle quali veniva spesso coinvolto.
Nel porgere le nostre condoglianze alla famiglia il DLF vuole qui ricordarlo con una poesia scritta di suo pugno all’età di 75 anni, una divertente riflessione sulla vecchiaia e sui valori della vita, quanto mai utile in tempi di pericoloso degrado della vita civile e culturale di larga parte della nostra società.

Sò sempre più sorpreso la mattina
dar vecchio che me guarda da lo specchio,
me riconosco a stento e ssò diverso
da quello che m’ ha fatto compagnia
pe’ tanta parte della vita mia.
Rughe profonde intorno all’occhi,
er naso sbrozzoloso grosso grosso,
la pelle che sbarbaja sotto er mento,
le guance infossate e un po’ pendenti,
fino alla messa in opera dei denti.
Tutto è cambiato? No!
Una cosa invece me consola,
che dentro di me nun è cambiato niente,
tutto è rimasto uguale, come allora.
Fermo il rispetto e l’amore per la gente.
Fermo il principio che nel còr mi sta!
Pace, lavoro, giustizia e libertà!

2004 Sergio Taborri

Li pontifici, co la rabbia in faccia;
entrarono occupanno er casamento;
la baionetta armata e l'occhio attento,
pronti a fa foco: incominciò la caccia.

Quarcuno impaurito arzò le braccia
ma fu ammazzato subbito ar momento.
Gnente pietà! Nemmanco un pentimento
je sfiora er core duro a sta gentaccia.

Giuditta, circondata da l'insorti,
restò sur ballatoio, l'arma stretta
ner pugno, pronta a vennicà li morti.

La viddero: 'na corza pe le scale,
'na breve lotta, poi 'na baionetta
la sventra come fusse 'n animale!