Pensate a quel che avverrebbe se la scelta dei nomi fosse lasciata agli interessati.
Se, per intenderci, ogni cittadino fosse in grado di darsene uno da sé.
Giunto ad una certa età, gli si direbbe: «Ecco, ora puoi sceglierti un nome».
Passi per gli scrittori, gli artisti e tutti quei capi scarichi che sogliono adottare uno pseudonimo.
Per essi sarebbe soltanto questione di scegliere fra Lucia, Luciano, Marcello, Claudio, Armando, Gastone, Paolo.
Ma per gli altri!
Ci può essere un ciabattino, contento del proprio stato, che si mette nome Crispino.
Ce ne può essere un altro che aspira a diventare guerriero,
e si mette nome Napoleone. E chi volete che dia a se stesso il nome di Bartolomeo, Macario, Teopompo, o Marcantonio?
Poi, finché uno è giovane, può aspirare al nome di Lucio o di Armando.
Ma, quando è vecchio, che se ne fa di questi nomi?
Senza contare altre ragioni di dubbio e di perplessità?
A una certa età il cittadino è chiamato a esercitare il suo diritto - tutti i diritti dei cittadini sono doveri - di fissare il proprio nome.
Egli ne avrà già una lista.
Mario è escluso, perché troppo Comune, Cornelio è buffo, Lorenzo è inutile, Amonastro suona male, Filippo lo porta il tale, Marcello è il nome del portiere,
Giorgio è antipatico alla moglie, Clodoveo è difficile a pronunciarsi, questo è troppo lungo, quest'altro non dice niente, questo non ha giorno onomastico.
Finché, magari, si finisce col mettersi un nome che non piace affatto e per tutta la vita si resta col rimpianto e si dice: «Ah, se quel giorno avessi pensato a Mardochèo»! |