Antonio Leto (Antonino) – Nacque a Monreale, presso Palermo, il 14 giugno 1844 da Pietro e Caterina Puleo. Per dedicarsi alla pittura abbandonò gli studi classici; e nel 1861, grazie all’interessamento dello zio, don A. Leto, e di un assegno mensile dell’amministrazione comunale di Monreale, andò a Palermo per studiare presso il pittore di storia L. Barba e poi nello studio del paesaggista Luigi Lojacono, dove conobbe il figlio Francesco e assimilò il naturalismo napoletano di matrice palizziana, dipingendo vedute e paesaggi dal vero. Uno di questi, Paesaggio (1863: Monreale, Circolo di cultura Italia) venne donato dall’autore al Comune di Monreale in segno di riconoscenza.
A Napoli, dove si recò nel 1864 per continuare gli studi, il L. fu attratto dalla pittura di G. De Nittis e dalle proposte della “scuola di Resina” che, sulla scorta della lezione macchiaiola divulgata da A. Cecioni, sosteneva una più libera resa del reale svincolata dal descrittivismo analitico di F. Palizzi. Costretto, dopo solo sei mesi, a tornare a Palermo, conobbe nel 1865 il senatore I. Florio, che gli commissionò una veduta del suo stabilimento enologico di Marsala. A questo seguirono i primi riconoscimenti ufficiali: nel 1870 vinse la medaglia d’argento alla Mostra artistica di Palermo con Il ritorno dal pascolo (collezione privata); l’anno successivo, con La bufera, ottenne la medaglia d’oro all’Esposizione regionale di Siracusa nonché l’acquisto, da parte del Comune di Monreale, del dipinto L’Anapo (1871: Monreale, municipio); nel 1872 inviò all’Accademia di Brera, per l’Esposizione di belle arti di Milano, il quadro Una giornata d’inverno in Sicilia.
Nel 1873 soggiornò a Portici, dove eseguì con altri artisti della scuola di Resina studi del Vesuvio (per esempio Vesuvio: Palermo, collezione Varvaro). Nel 1874, sostenuto dai Florio, si recò a Roma, dove conobbe F.P. Michetti, allora impegnato in opere veriste di tematica campestre, e dove realizzò Alla Villa Borghese e Un contadino romano esposti, quello stesso anno, alla X Promotrice napoletana. Nello stesso anno tornò a Palermo per prepararsi al concorso per il pensionato artistico romano, divenuto istituzione nazionale dopo l’Unità d’Italia, che vinse nel 1875 con l’opera La raccolta delle olive (1874: Palermo, Galleria d’arte moderna E. Restivo), caratterizzata da una esecuzione meticolosa. Risiedette, quindi, tra Roma e Napoli, sperimentando la tecnica compendiaria a macchia della Scuola di Resina e aderendo a una interpretazione lirica della realtà, in sintonia con le ricerche di De Nittis e F. Rossone. Testimoniano questo periodo di lavoro, che segnò il momento di maggiore allontanamento del L. dal naturalismo palizziano, le opere inviate all’Esposizione di Brera del 1875: Villa Borghese e Bosco di Portici, acquistate dall’Accademia.
Costretto a rientrare a Palermo per motivi di salute, chiese e ottenne il passaggio del pensionato artistico da Roma a Firenze, dove si trasferì dal 1876 al 1878. In Toscana approfondì la lezione dei macchiaioli, acquisendo una tecnica pittorica più rapida ed essenziale, capace di rendere il movimento della vita cittadina (Case a Viareggio: Palermo, Galleria d’arte moderna E. Restivo; Ponte di S. Trinita; Passeggiata alle Cascine). Dopo aver collaborato con la galleria Pisani, che acquistò la maggior parte della sua produzione fiorentina, nel 1879 il L. si trasferì a Parigi, invitato dal famoso mercante A. Goupil, per il quale già lavorava De Nittis. Qui conobbe presto il successo con vivaci rappresentazioni della vita della metropoli (Vecchia Parigi, 1880: Milano, Società Edison; Le bois de Boulogne: Palermo, collezione Tagliavia); e il suo studio divenne punto di incontro di artisti e intellettuali, tra i quali erano De Nittis, D. Morelli, A. Mancini, V. Gemito, A. de Neuville, E. Manet e J.-L. Meissonier. A causa del clima e spinto dal bisogno di indipendenza, nel 1880 ruppe il contratto con Goupil e rientrò in Italia. A Palermo fu accolto da Florio e dalla consorte Giovanna d’Ondes Trigona, che gli commissionarono la decorazione dell’ambiente che conduceva dal salone da ballo alla sala da pranzo situato al piano superiore del loro villino all’Olivuzza (bozzetti del 1880, a Palermo, Galleria d’arte moderna E. Restivo), nonché un ciclo di pitture murali per la loro villa ai Colli (oggi, Opera pia Istituto Pignatelli).
Al primo piano di questa dimora il L. eseguì tra il 1880 e il 1881 quattro pannelli con vedute e scene di festa e di gioco (Festa a villa Florio ai Colli, Il gioco, Paesaggio con gatto e gallinacci e Paesaggio con vaso, ripr. in Giambona, nn. 6-8) dal carattere brioso e anticonvenzionale, incorniciate ciascuna da un finto gazebo di legno e dipinte a tempera con colori chiari secondo la maniera impressionista. Sempre ospite dei Florio, visitò le loro proprietà a Trapani e all’isola di Favignana, che riprodusse nei dipinti Saline di Trapani (1881: Palermo, Galleria d’arte moderna E. Restivo) e La pesca del tonno in Sicilia (1881-87), ispirato all’attività della tonnara di Favignana.
La prima metà degli anni Ottanta coincise per il L. con un periodo di intensa attività espositiva che non rallentò neppure dopo il ritiro a Capri nel 1882. Partecipò alle Promotrici di Genova (1881, 1884), Torino (1881-82, 1884), Firenze (1881, 1884) e Napoli (1881) con opere ispirate nuovamente ai paesaggi e alle marine mediterranei, tra le quali si ricordano: Centodieci anni a Ischia (1881) e Nel bosco di Portici (1882-84), più volte esposte dall’artista e ora nella Galleria d’arte moderna E. Restivo; Un marinaio e la sua pipa a Lacco (1881); Nel golfo di Napoli (1884); Ve ne darò (1884). Nel 1883 trionfò all’Esposizione nazionale di belle arti di Roma con un’opera di cronaca sociale, rappresentata l’anno precedente anche da G. Toma: I funari di Torre del Greco, che fu acquistata dal ministero della Pubblica Istruzione per la Galleria nazionale d’arte moderna (ora Roma, Camera dei deputati). Nella stessa occasione espose anche un gruppo di paesaggi e studi dal vero (Impressione presso Ischia, Marina di Portici, Le zucche, Studio dal vero) e due ventagli dipinti a tempera, che ripropose, l’anno successivo, all’Esposizione internazionale di Nizza insieme con tre dipinti, Bosco di Portici, Centodieci anni a Ischia e Nel frutteto, ottenendo la medaglia d’argento. Nella seconda metà degli anni Ottanta partecipò con regolarità alla Promotrice di Napoli, dove presentò, nel 1890, la grande tela La pesca del tonnoin Sicilia (o La mattanza)1887: Palermo, Pinacoteca della Fondazione Banco di Sicilia). Di quest’opera, a cui il L. lavorò per quasi dieci anni, esistono una prima versione, di dimensioni ridotte (1884: Napoli, Galleria di Capodimonte) e numerosi studi di dettaglio, uno dei quali apparve all’Esposizione italiana di Londra del 1888 insieme con due pastelli ispirati al mondo del lavoro (Pescatore napoletano) e con un acquerello (Zucche).
A Capri il L. trovò la sua fonte definitiva di ispirazione, che tradusse in una più salda pittura a macchia dai forti contrasti di ombre e luci (Grotta dei Faraglioni: Essen, Villa Hugel). Nonostante il suo progressivo isolamento dalla scena artistica, dovuto, in parte, a motivi di salute, la sua casa di via Tragara divenne punto di riferimento per gli artisti e i collezionisti stranieri che soggiornavano nell’isola. Assente alla grande Esposizione nazionale di Palermo del 1891-92, inviò ancora un’opera all’Esposizione di Monaco di Baviera del 1894 (Le palme dell’hotel Pagano a Capri) e, grazie all’interessamento degli amici E. Dalbono, G. Casciaro e V. Irolli, due lavori alla IX Biennale di Venezia del 1910 Marina di Catello a Capri (Venezia, Galleria internazionale d’arte moderna) e Scogli della piccola marina a Capri, acquistate, rispettivamente, da Vittorio Emanuele III e dal principe ereditario di Grecia Costantino. Quello stesso anno tornò per un breve periodo a Monreale, dove mancava da almeno trent’anni.
Il L. morì a Capri il 31 maggio 1913 assistito dall’amico pittore E. Raimondi e dall’allievo M. Federico.
Dizionario biografico Treccani