Guarda che bianca luna!
guarda che notte azzurra!
Un’aura non sussurra,
non tremola uno stel.
L’usignoletto solo
va dalla siepe all’orno,
e sospirando intorno
chiama la sua fedel.
Ella, che il sente appena,
già vien di fronda in fronda,
e par che gli risponda:
“Non piangere, son qui”.
Che dolci affetti, oh Irene,
che gemiti son questi!
Ah! mai tu non sapesti
rispondermi così.
Non t’accostar all’ urna,
Che l’osse mie rinserra,
Questa pietosa terra
E’ sacra al mio dolor.
Ricuso i tuoi giacinti
Non voglio i tuoi pianti:
Che giovan agli estinti
Due lagrime, due fior?
Empia! Dovevi allor
Porgermi un fil d’aita,
Quando traea la vita
In grembo dei sospir.
Ah che d’inutil pianto
Assordi la foresta?
Rispetta un’ombra mesta,
E lasciala dormir.
Iacopo Vittorelli (Bassano del Grappa, 10 novembre 1749 – 12 giugno 1835) è stato un poeta, librettista e letterato italiano.
Fu un poeta arcade, celebre per le Anacreontiche ad Irene (1784), con un verseggiare molto musicale che ha ispirato molti compositori del settecento e dell’ottocento.
Guarda che bianca luna fu messa in musica, tra gli altri, da Franz Schubert e Vincenzo Bellini. E la sua lirica più famosa, Non t’accostare all’urna, fu musicata da Franz Schubert e Giuseppe Verdi, quest’ultimo riprendendo il tema di un’arietta popolare veneta. Ne esiste anche una versione attribuita a Vincenzo Bellini.
Come traduttore si segnala una versione in ottave della Batracomiomachia il testo attribuito ad Omero, che poi ispirò a Giacomo Leopardi i celebri Paralipomeni della Batracomiomachia.
Il Vittorelli fu autore anche di poemetti moralistici, disprezzati dalla critica (Il tupé e Lo specchio).