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L’ora della passione di Boris Pasternak

di Boris Pasternak

L'ora della passione

Per terra
 
i discepoli, vinti dal sonno,
 
giacevano nell’erba lungo la strada.
 
Li destò:
 
L’ora del Figlio dell’Uomo è venuta.
 
Egli si darà in mano ai peccatori.
 
E aveva appena parlato, che, chissà da dove,
 
ecco una folla di servi, una turba di schiavi,
 
luci, spade e, davanti a tutti,
 
Giuda col bacio del tradimento sulle labbra.
 
Pietro tiene testa con la spada agli sgherri,
 
ma sente: Non col ferro si risolve la contesa,
 
rimetti a posto la tua spada, uomo.
 
Pensi davvero che il Padre mio di legioni alate
 
Qui, a miriadi, non m’avrebbe armato?
 
E allora, incapaci di torcermi un capello,
 
i nemici si sarebbero dispersi senza lasciar traccia.
 
Ma il libro della vita è giunto alla pagina
 
Più preziosa.
 
Ora deve compiersi ciò che fu scritto.
 
Lascia dunque che si compia.
 
Boris Pasternak
Biografia

 

Boris Leonidovič PASTERNAK – Scrittore russo (Mosca 1890 – Peredelkino, Mosca, 1960). Vicino ai futuristi, esordì con le poesie Bliznec v tučach (“Il gemello nelle nuvole”, 1914), imponendosi presto come il più interessante lirico russo della sua generazione. In un linguaggio dominato dal sentimento, modulò ora temi intimi vivificati da accostamenti imprevisti, ora temi patetici riportati a dimensioni quotidiane. Il suo primo racconto pubblicato fu Detstvo Ljuvers (1922; trad. it. L’infanzia di Ženja Ljuvers, 1960). P. lavorò poi segretamente al celebre romanzo Doktor Živago (pubbl. in trad. it., Il dottor Živago, nel 1957, e nell’originale russo negli Stati Uniti nel 1961), affresco della storia russa vista attraverso le tormentate vicende di un intellettuale.
 
Durante la seconda guerra mondiale lo scrittore pubblicò due soli piccoli volumi di versi: Na rannich poezdach (“Sui treni mattutini”, 1943, contenente 11 poesie scritte nel 1936 e 15 scritte nel 1941, alcune di queste ultime ispirate alla guerra), e Zemnoj prostor (“La vastità terrestre”, 1945, in cui figurano alcune ristampe, nonché altre poesie sulla guerra), la cui caratteristica stilistica è la stessa delle raccolte precedenti, come lo stesso ne è il tono fondamentale, cioè individualistico; il che spiega l’atteggiamento negativo della critica sovietica, nonostante l’evidente sforzo del poeta di inserirsi nella nuova realtà creata dalla guerra.
 
Conseguenza dell’atteggiamento negativo della critica fu la circostanza che per varî anni P. si dedicò soprattutto a un lato secondario della sua attività, quella di traduttore, pubblicando tra l’altro Gruzinskie poety (“Poeti georgiani”, 1946) il Primo e il Secondo Faust di Goethe (1953) e una scelta di tragedie di Shakespeare (1953). Un ritorno alla poesia segnò il 1954 con la pubblicazione di alcune liriche nella rivista Znamja, ma le poesie erano accompagnate da una nota che, presentandole come opera dell’eroe di un romanzo in preparazione, Doktor Živago (“Il dottor Ž.”) indicava un ritorno di P. anche alla prosa. Portato a termine nel 1956 e inviato alla rivista Novyj Mir, il romanzo fu respinto con una motivazione assai severa: l’eroe era accusato di “individualismo patologico” e il romanzo stesso era giudicato un romanzo politico a tesi “ingiusto, storicamente non obbiettivo nella rappresentazione della rivoluzione, della guerra civile e degli anni post-rivoluzionarî”. Ma l’opera era stata frattanto affidata all’editore italiano Feltrinelli che, nonostante l’opposizione dell’Unione degli scrittori sovietici, la pubblicò in italiano nel novembre del 1957.
 
Alla pubblicazione in Italia seguirono quasi subito quelle in Inghilterra, negli S. U. A., in Germania, in Francia, in Olanda, suscitando in tutti questi paesi vive discussioni che, in contrasto col giudizio dato dalla critica russa, difendevano soprattutto l’apoliticità e la profonda liricità del romanzo. L’individualismo del romanzo è apparso alla maggior parte della critica occidentale la logica continuazione di quello di tutta la poesia di P. Particolarmente notevole nel romanzo è l’alternarsi delle prevalenti note epiche con numerosi e frequenti motivi lirici. Prendendo in considerazione sia il poeta sia il prosatore, nell’ottobre del 1958 l’Accademia svedese assegnò a P. il premio Nobel per la letteratura, assegnazione ritenuta dalle autorità sovietiche come un atto politico diretto contro l’URSS. Ad evitare gravi conseguenze nei proprî riguardi, preannunziate dalla sua espulsione dall’Unione degli scrittori sovietici, P. dichiarò di rinunziare al premio. La polemica suscitata dalla pubblicazione del romanzo all’estero dopo la proibizione in Russia, e aggravatasi con l’assegnazione del premio Nobel, ha indubbiamente amareggiato gli ultimi anni di vita del poeta.
 
Da Treccani.it