Nato a Dresda nel 1940, Stelzmann è un “sassone puro”, come ama definirsi, e appartiene alla seconda generazione della “Scuola di Lipsia”, città nella quale si è formato artisticamente e culturalmente. Le specialità di Lipsia divennero le parabole figurative e i quadri storici, che rispecchiarono ed interrogarono criticamente una storia tedesca non digerita, ma anche la realtà moderna di vita, soprattutto la realtà difficile della Germania dell’Est.
Negli anni Settanta, l’artista ebbe qui un ruolo determinante nella rianimazione del quadro contemporaneo-moralistico. Stelzmann è alla ricerca delle fisionomie, dei gesti, della lingua dei corpi, riuscendo a condensare in quadri simbolici le scene di strada, delle osterie, dei bordelli, dei bagni degli uomini, delle gallerie, dei tunnel delle metropolitane, rappresentazioni che ricordano e si ricollegano ad uno dei suoi idoli, Otto Dix. Molto dell’arte di Stelzmann deve ai Vecchi Maestri da Grünewald, a Masaccio, Zurbarán, Lorenzo Lotto, El Greco, fino a De Chirico. Ma è soprattutto da Pontormo e i Manieristi che è particolarmente affascinato, molte delle sue composizioni traggono spunto dalle loro, ne condivide quel rapportarsi con uno spazio infinito e vuoto, dove i corpi precipitano, affondano in scene di disperazione e di violenza. Del 1980 è il primo viaggio in Italia, a Firenze e Genova, e da allora vi ritorna ripetutamente.
A tre anni dal collasso del regime, Stelzmann volta le spalle alla RDT per trasferirsi, dal 1986 a Berlino Ovest, dove tuttora vive e lavora.
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