Scosso dalla moglie, con una strappata rabbiosa al braccio,
springò dal sonno anche quella notte, il povero signor Anselmo.
– Tu ridi!
Stordito, e col naso ancora ingombro di sonno, e un po’ fischiante per l’ansito del soprassalto, inghiottì; si grattò il petto irsuto; poi disse aggrondato:
– Anche… perdio… anche questa notte?
– Ogni notte! ogni notte! – muggì la moglie, livida di dispetto.
Il signor Anselmo si sollevò su un gomito, e seguitando con l’altra mano a
grattarsi il petto, domandò con stizza:
– Ma proprio sicura ne sei? Farò qualche versaccio con le labbra, per smania di stomaco; e ti pare che rida.
– No, ridi, ridi, ridi, – riaffermò quella tre volte. – Vuoi sentir come? così.
E imitò la risata larga, gorgogliante, che il marito faceva nel sonno ogni notte.
Stupito, mortificato e quasi incredulo, il signor Anselmo tornò a domandare:
– Così?
– Così! Così!
E la moglie, dopo lo sforzo di quella risata, riabbandonò, esausta,
il capo sui guanciali e le braccia su le coperte, gemendo:
– Ah Dio, la mia testa…
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